Dal 7 marzo ad oggi (24 aprile) sono 48 giorni di ferie forzate. Mi sento di voler fare qualche piccola considerazione in merito, voglio tralasciare l’aspetto economico, per concentrarmi su quello meramente psicologico e morale.
Inizialmente pensavo che sarebbe stata l’occasione giusta per riposarmi un pochino, fare quei lavoretti casalinghi che trascinavo da tempo, sistemare il giardino preparandolo all’arrivo della primavera e tutte le altre attività che sono sempre state messe in secondo piano dal lavoro e dagli impegni sportivi. I primi dieci giorni sono letteralmente volati, il giardino ha assunto un aspetto molto ordinato, le piante potate, l’erba seminata, le aiuole risistemate; poi la casa, pulizie primaverili fatte, riordino del garage, quel benedetto tavolo da giardino che andava grattato e riverniciato ha finalmente il suo posto all’aperto; insomma ho fatto tutto.
Nei giorni a seguire però la situazione del virus e del contagio non accennava a migliorare, anzi. Le restrizioni più severe sono arrivate, la passeggiata con il cane è diventata sempre più breve, le uscite solo ed esclusivamente per fare la spesa ed una sola volta alla settimana. Le notizie si sono fatte sempre più drammatiche e la situazione è rapidamente degenerata.
Per fortuna in famiglia stanno tutti bene, i miei genitori, mio fratello e la sua famiglia, tutti i cugini e gli zii. Quindi l’unica cosa da fare è pazientare e ingegnarsi su come far trascorrere le lunghe giornate. Tra cucina, cruciverba, allenamenti online con le ragazze della squadra le ore scorrono e la sera arriva sempre con una discreta velocità. Con il passare dei giorni però mi sono reso conto che c’è una cosa che mi manca e molto: il mio lavoro e gli allenamenti in palestra.
Del mio lavoro mi manca soprattutto il contatto con le persone, le chiacchierate infinite con alcuni o i silenzi profondi con altri, mi mancano le telefonate o i messaggi per prendere gli appuntamenti e cercare di incastrare gli orari che siano più confacenti alle esigenze di tutti. Mi mancano i visi contenti delle persone che escono dallo studio dopo aver ricevuto il loro massaggio, perché, anche se ho fatto un massaggio decontratturante profondo e ho “massacrato” la persona, questa sarà contenta e starà meglio. Ecco, mi manca far stare bene le persone. Del volley mi manca la confusione che c’è in palestra, una confusione organizzata, il rumore, lo sbattere dei palloni, le grida delle atlete, il profumo del pallone; il continuo cercare di inventare esercizi nuovi per raggiungere l’obiettivo.
Mi manca l’andare a trovare i miei genitori che abitano a pochi km da casa mia e mi rendo conto che prima della quarantena non lo facevo così spesso come ora vorrei.
Mi manca la libertà di calzare casco, giubbetto e guanti, inforcare la moto e farmi un giro su e giù per le montagne. Da solo, con la mia compagna o con i soliti amici bikers.
Si, mi mancano tutte quelle cose che fino al 7 marzo erano scontate, erano la routine quotidiana. Tutto quello per cui ogni tanto sbuffavo e dal quale avrei voluto sganciarmi per un po’. Adesso, che si inizia a vedere la fine del tunnel, non vedo l’ora che ci dicano che si può ripartire, con cautela di sicuro, ma con la consapevolezza di saper bene quali sono le cose davvero importanti.
Proprio oggi ho letto un articolo in merito ad una possibile data per la ripartenza e si parla dell’11 maggio, il mio onomastico! Una bella coincidenza!
Iniziamo a prepararci che TEMPUS FUGIT.
Qui l’articolo de “il Sole 24 ore” che parla di date
Qui il servizio che parla dell’ordinanza del 24 aprile della Regione Veneto